Condividere le scelte per gestire l’incertezza dal presidente di CIPOMO
Con livelli di efficienza del 99,9%, avremmo ogni giorno solo all’aeroporto O’Hara di Chicago due atterraggi a rischio, avremmo ogni ora negli USA 16 mila recapiti postali falliti e 32 mila assegni bancari addebitati al conto corrente sbagliato.
È stato calcolato che l’attendibilità diagnostica nei casi clinici complessi non supera un livello di efficienza dell’85%. L’errore fa parte del nostro lavoro e dobbiamo saperlo gestire in modo da minimizzarne l’impatto clinico. Un report pubblicato lo scorso dicembre sul JAMA da Elisabeth Mc Glynn per conto dello IOM ci richiama alla necessità di implementare studi e procedure in grado di misurarne con maggior precisione volumi ed effetti per meglio contrastarli. Ma cosa possiamo fare da subito? Innanzi tutto dobbiamo imparare a lavorare con l’incertezza: il ragionamento diagnostico è un processo almeno in parte euristi co di selezione di ipotesi fondate su informazioni imperfette, ma il vero nodo sta nella catena di decisioni che da qui originano. Esserne consapevoli è il primo passo. Utilizzare bene le linee guida e i PDTA multidisciplinari per limitare l’autoreferenzialità dei nostri giudizi è certo utile, così come lo è avvalersi di strumenti informatici e saper limitare l’interferenza di pressioni esterne (familiari, sociali, amministrative). Ma ancor di più occorre un livello di umiltà professionale che ci avvicini al paziente con tutta l’onestà intellettuale ed etica necessaria per una condivisione delle scelte, ben lontani dalla facile tentazione di scaricarne su di lui la responsabilità ma, al contrario, ben attenti a bilanciare quanto le nostre conoscenze sono in grado di offrire con le attese e le priorità personali del singolo malato. Parliamo di un moderno e flessibile processo di shared decision making che va ben oltre il consenso informato, che vede medico e paziente entrambi protagonisti e che è in grado di produrre vantaggi misurabili anche sul lungo periodo in termini di efficacia delle cure.
E infine, sebbene consapevoli delle incertezze di una disciplina, come la nostra, in continuo divenire “non dobbiamo avere paura delle nostre ferite, dei nostri limiti, della nostra impotenza perché è con quel bagaglio che siamo al servizio dei malati e non con le nostre presunte forze o il nostro presunto sapere” (F. Ostaseski)
Maurizio Tomirotti
Presidente CIPOMO